Il grande assente nel dibattito pubblico di questi giorni è il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Nelle stesse settimane in cui incombe la guerra in Ucraina, tra crisi umanitaria, aumento dei costi dell’energia e blocco dell’export verso la Russia, il governo sta perfezionando il Piano secondo la procedura di negoziazione con la Commissione Europea, in particolare per l’attivazione di alcuni essenziali assi di sviluppo come Ecobonus e Sismabonus 110%, Transizione 4.0, Linee ferroviarie ad alta velocità, Banda ultra larga, Piano scuole, Piano ospedali e, soprattutto per importanza geostrategica nello sviluppo urbano, gli interventi Piani urbani integrati, Porti verdi e Progetti di rigenerazione urbana che avranno impatti significativi sulle aree urbane e costiere italiane.
Il processo di erogazione delle risorse comunitarie, siano esse a debito o a credito, è articolato attraverso due rette parallele, integrate e complementari tra loro, da un lato l’allocazione dei fondi strutturali di coesione e, dall’altro l’attuazione del fondo Next Generation EU mediante PNRR. Questi due strumenti, stanno attivando una vasta gamma di azioni materiali e immateriali che verranno messe in campo dai vari livelli dell’Amministrazione sotto forma di bandi. Eppure, non deve sfuggire che i criteri legati alla definizione delle strategie di sviluppo urbano, degli interventi puntuali o diffusi e in generale della localizzazione di queste azioni è tutt’altro che banale. L’allocazione delle risorse passa attraverso procedure di per sé scandite a livello temporale, ma calate su contesti territoriali spesso molto diversi tra loro, con fasi di monitoraggio e rendicontazione non scontate per i Comuni italiani, i quali, anche se di dimensione media o superiore a 50.000 abitanti, spesso denotano una modesta capacità di valutarne gli impatti e costruire accurati modelli di governance delle politiche urbane.
La messa a terra dei progetti non ha a che vedere soltanto con la dimensione degli assi di finanziamento e la procedura di erogazione del credito, quanto con la territorializzazione degli interventi stessi. Decidere dove andranno le risorse definendo dei criteri per tipologia di progetto e degli indicatori geografici per l’assegnazione dei fondi è una questione centrale per affrontare i nodi strutturali del Paese. Senza un vero cambiamento in merito all’approccio di governance nella ripartizione regionale e urbana infatti, il rischio più forte è che il PNRR distribuisca risorse in modo eccessivamente diffuso e con investimenti incapaci di assolvere agli obiettivi previsti dal Piano soprattutto nei piccoli Comuni, mentre, al contempo, solo i Comuni medio-grandi dotati di forte capacità amministrativa riescano a presentare i progetti e convogliare la maggioranza delle risorse.
Dunque, al problema del coordinamento inter-amministrativo e trans-scalare, questione da sempre presente nella funzione pubblica italiana, si aggiunge quella del potenziale cambio di paradigma apportato dalla pandemia da Covid-19 che sta promuovendo lenti processi di de-globalizzazione con il passaggio da uno scenario di forte interdipendenza globale tra città e regioni del mondo ad un potenziamento degli apparati regionali. In altre parole, in un contesto di rinnovata regionalizzazione dei processi, precedentemente surclassato dalla globalizzazione, è essenziale che gli interventi per il rilancio del Paese agiscano sulla struttura ordinatrice delle politiche e, in particolare, sulla capacità di territorializzarle.
Lo sguardo territoriale ha sempre rappresentato un punto debole nella funzione pubblica italiana, non solo in virtù di uno scarso coordinamento tra istituzioni in senso orizzontale e verticale, trans-scalare appunto, ma soprattutto per la carenza di competenze urbanistiche degli Enti Locali che non hanno un adeguato personale per produrre strategie urbane competitive, partecipare ai bandi sovralocali e promuovere efficaci partenariati pubblico-privato nella pianificazione su area vasta.
Ciò nonostante azioni come Piani urbani integrati, Porti verdi e Progetti di rigenerazione urbana, previste dal Piano, richiederanno una presenza importante di queste competenze per assolvere ad un obiettivo fortemente indirizzato proprio alla trasformazione urbana e territoriale, la quale è necessaria non solo per la riattivazione dell’edilizia, ma soprattutto per una transizione sostenibile delle città italiane in grado di renderle più internazionalmente competitive e regionalmente cooperative.
In conclusione, gli interventi e la prospettiva urbanistica sottesa dal PNRR impongono un radicale ripensamento delle fasi di messa a terra e implementazione dei progetti, e una significativa percentuale della buona riuscita del Piano dipende proprio dalle modalità secondo cui fondi e strategie verranno territorializzate.
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