“Contro il piano di vendita di quasi 7500 case popolari. A favore di una sana gestione del patrimonio pubblico residenziale”. Sono queste le motivazioni che hanno portato il sindacato di base Asia Usb e il Movimento per il diritto all’abitare a manifestare davanti alla sede dell’Ater di Roma. Al presidio, che si è tenuto in piazza di Ponte Umberto I, a pochi passi dalla sede dell’ente che gestisce circa 48mila case popolari nella Capitale, hanno partecipato una cinquantina di persone tra attivisti, sindacalisti e inquilini delle case popolari.
Alla base del presidio una serie di rivendicazioni, poi al centro dell’incontro tra una delegazione di manifestanti e il direttore dell’Ater di Roma, Andrea Napoletano, attorno alla gestione del patrimonio pubblico al ruolo dell’ente nel quadro del disagio abitativo cittadino. In cima alla lista, le conseguenze della vendita di 7500 case popolari, pari al 15 per cento del patrimonio totale. “L’esiguo patrimonio pubblico è inadatto ad affrontare la crisi economica e sociale”, la denuncia di Asia Usb e dei Movimenti. In attesa di assegnazione ci sono infatti 13.500 famiglie, mentre sono stimati in 50mila i nuclei in difficoltà con la casa. A preoccupare è anche la cosiddetta ‘mobilità’: sulla base del Piano casa dell’ex governo Renzi, sulla base del quale è partita la vendita, chi non acquista deve essere spostato in un’altra abitazione “con il rischio di vedersi trasferire lontano dal proprio contesto”.
Per Asia Usb e i Movimenti al centro della discussione “deve essere messo proprio il ruolo dell’Ater” che, per gli attivisti, “negli ultimi anni ha approntato sempre più una politica privatistica”: dal bando per l’housing sociale “con cui per alloggi Erp sono stati applicati canoni calcolati con altri meccanismi”, alla vendita degli immobili di pregio nei quartieri centrali della città, “messi all’asta a valori di mercato” con “il risultato di allontanare le persone dalla città consolidata e lasciare spazio a gentrificazione e al profitto”.
Al tavolo di confronto è stato quindi chiesto conto all’ente anche del proprio contributo in relazione al reperimento di alloggi per le famiglie sotto sgombero. E ancora. Il nodo delle manutenzioni: “Non progetti spot ma un piano di ristrutturazioni diffuso in tutti quartieri popolari della città, che in questo momento può usufruire anche dell’ecobonus al 110 per cento”. Altra richiesta: “L’implementazione del patrimonio a disposizione attraverso il recupero di immobili in disuso e grazie alla rigenerazione urbana secondo il principio del consumo di suolo zero”.
Dopo l’incontro
“La delegazione ha raccolto una disponibilità da parte dell’ente ad aprire un percorso di confronto”, hanno fatto sapere i manifestanti al termine dell’incontro. “Dall’altro lato, non può non colpirci quanto il ruolo di Ater sia ancora marginale nel coinvolgimento rispetto ai grandi temi dell’emergenza abitativa. Abbiamo inoltre recepito dal direttore come il diritto all’abitare sia di fatto subordinato alla gestione aziendalistica” e come “l’ente sia il mero esecutore delle volontà del legislatore”.
La posizione di Ater
Al termine dell’incontro, il presidente dell’Ater, Andrea Napoletano, ha ribadito a Romatoday che la vendita delle case popolari, compresa la cosiddetta ‘mobilità’ per chi non può comprare, è prevista dall’articolo 3 del Piano casa Renzi-Lupi. “Ci tengo a sottolineare che i soldi ricavati con la vendita non andranno per ripianare il debito dell’Ater ma per acquistare nuovi alloggi: abbiamo già avviato le trattative con l’Inps e con altri enti previdenziali”. La vendita, inoltre, “ridurrà i costi della difficile gestione dei condomini misti, circa 900 in tutta Roma”.
Le lettere sono partite all’inizio di febbraio. Dopo una serie di critiche ricevute dai sindacati degli inquilini e l’apertura di un tavolo di confronto in merito, la scadenza per l’adesione è stata posticipata di due mesi, alla fine di giugno. E se a metà marzo Romatoday aveva dato conto del fatto che solo il 7 per cento delle famiglie aveva aderito alla vendita, Napoletano precisa: “Non ci aspettavamo di venderle tutte insieme e comunque, prima della fine della scadenza, i numeri saranno più alti. Entro il 30 aprile manderemo anche le lettere con l’ammontare dei costi per le manutenzioni. Le persone conosceranno la cifra esatta da dover versare, nella maggior parte dei casi poche centinaia di euro, e saranno più incentivate ad acquistare”.
E ancora: le manutenzioni: “Quando sono arrivato Ater spendeva 4,5 milioni di euro, oggi sono 19 milioni solo nell’ambito dell’accordo quadro per la risposta alle segnalazioni. Ricordo poi che, insieme alla Regione Lazio, abbiamo messo in campo un piano da 300 milioni di euro per usufruire dell’ecobonus del 110 per cento”. Napoletano ha infine ricordato che Ater e Regione Lazio hanno da poco consegnato 200 case popolari al Comune di Roma: “Speriamo che vengano assegnate presto. La maggior parte sono appena state ristrutturate mentre altre necessitano di lavori. Gli inquilini che le avranno in assegnazione potranno poi scalare i costi dal canone”.
Storie dalle case popolari in vendita
Tra i quartieri di case popolari, resta la paura di chi non potrà acquistare. È il caso di Loredana, che vive da 22 anni in una casa popolare al Pigneto. “Nel nostro palazzo hanno chiesto 50mila euro per alloggi da circa 50 metri quadrati e 70mila euro per quelli da 90”, racconta. “Nella mia famiglia lavora solo mio marito, nessuna banca ci darà un mutuo. Stiamo vivendo un brutto momento: i miei figli, di 14 e 16 anni, sono cresciuti a Tor Pignattara, vanno a scuola in zona, hanno amici e parenti, e hanno paura di doversi traferire altrove”. La lettera è arrivata anche al padre di Loredana, 62 anni, invalido: “Anche lui non potrà acquistare e non può nemmeno usufruire delle deroghe perché non è abbastanza anziano. Siamo molto preoccupati, non sappiamo dove finiremo”.
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